“Negli anni che seguirono accettai la possibilità che quella massa amorosa elargita a profusione potesse far parte della categoria delle cose ineffabili. Le cose ineffabili in genere sanciscono la sconfitta o per lo meno insinuano tutto il sospetto possibile nei riguardi del tentativo di definirle e afferrarle mediante parole, concetti o nomi. Eppure il loro essere qualcosa si lasciava agguantare con fermezza. Le parole che cercano di nominare fedelmente questo tipo di manifestazioni sono molte e belle: soffio, alito, idea, essenza, pneuma, spirito”.
Isabella Ducrot è un’artista poliedrica, una scrittrice sublime capace di rappresentare il pensiero, le parole, le cose, come un tutto sempre in movimento. Il divenire appare come l’unica condizione necessaria dell’Essere, neanche la morte, neppure la perdita della persona amata garantisce stabilità. Tutto è divenire, la staticità non è contemplata.
I ventidue luoghi dello spirito consistono in una raccolta di racconti e poesie dove l’abilità pittorica e la scrittura magicamente si fondono. Da anni si interessa della storia dei tessuti. Nelle sue opere come nella sua prosa i fatti della vita acquisiscono un significato sempre diverso. Imbastisce le trame di ricordi sbiaditi dal tempo, li scuce, li assembla per dare vita a storie nuove. Dal momento in cui nasciamo veniamo immediatamente avvolti in tessuto e lo stesso avviene quando moriamo.Siamo sempre in contatto con un tessuto.
Come una stoffa, come una trama che può strapparsi la nostra vita si mostra colma di grovigli, di nodi che possono d’improvviso sbrogliarsi. Il tessuto per Isabella Ducrot ha una valenza spirituale, una triplice struttura: trama, ordito uniti all’esperienza dell’ineffabile. La trama più bella è sempre composta dall’opposizione, dalla lotta che ci induce a percorrere strade poco battute e impervie: “bisogna vedere cosa ne abbiamo fatto di quello che gli altri avevano in mente per noi”. (Sartre)