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Vita activa
Hannah Arendt

Il saggio di Hannah Arendt è un classico della filosofia, del pensiero
politico dell’età moderna, eppure quando appare nel nostro paese
nel 1964 non desta particolare interesse. Con il termine “ vita activa”
designa tre attività umane, fondamentali quanto complementari: il
lavoro, l’operare e l’agire. Dobbiamo tener conto che l’uomo è un
essere condizionato, quindi dipende dalle cose, in particolare dalle
cose che produce, quindi paga un costo in termini di produzione e
di consumo. Ci ricorda dell’aspetto rovinoso della bontà, dell’uomo
che rovina e calpesta la cosa pubblica a causa della perenne
corruzione. Per questo Macchiavelli, nel Principe, ci rammentava di
non essere buoni. La filosofa tedesca ci invita a distinguere tra
lavoro e opera. Il lavoro non indica mai il prodotto finito, l’attività
lavorativa comprende tutte quelle occupazioni solitarie intraprese
dall’uomo per mantenere e riprodurre la vita. Solo i prodotti
dell’operare garantiscono la permanenza e la durevolezza senza le
quali un mondo non sarebbe possibile. L’agire non è da meno, noi
siamo discorso e azione. Siamo cominciamento perché nasciamo,
e siamo anche discorso perché ci diversifichiamo gli uni dagli
altri.Azione e discorso consentono il processo di svelamento, sono
il fondamento delle relazioni umane.Ma in una società dominata dal
lavoro, dalla richiesta costante di felicità, l’uomo mette in pericolo se
stesso diventando una minaccia per le generazioni future. L’uomo
da sempre dimostra una certa incapacità nel saper salvaguardare il
mondo, la capacità di agire è diventata una prerogativa di pochi.

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