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Un bambino sbagliato

Un bambino sbagliato
Giovanni Lucchese

“Mi sembra di averlo capito in questo preciso istante il senso della vita, che non è altro che questo: una pedalata velocissima verso il mare, con il vento in faccia e i capelli sciolti, mentre nessuno ti sta guardando e tu te la godi il più possibile sapendo che finirà molto presto”. Questa è una storia di quelle fortemente autobiografiche dove tutto comincia di notte tra corridoi e stanze chiuse a chiave.

La notte da sempre accende le nostre fantasie e la potenza creativa potrebbe anche albergare nella nostra realtà. La notte prima di Ferragosto in una casa sul litorale laziale avviene un fatto strano. Un uomo riceve una visita, una di quelle presenze che vedi comparire dal nulla, come quando da piccolo ti senti osservato e inizi a guardarti intorno. Si tratta di un bambino, un folletto agile e sfuggente che tanto ricorda l’uomo adulto. Si materializza e con fare ostinato e uno spirito da mattacchione lo accompagna tra i numerosi aneddoti dell’infanzia, quell’infanzia da bambino sbagliato:
“Stavo pettinando la Barbie Hawaiana che mi aveva portato nonna, era la cosa più bella che avessi mai visto, con il suo gonnellino di paglia ,il reggiseno fatto di foglie verdi e quei capelli morbidi, lucenti e lunghissimi”.Papà è entrato e si è messo lì dove sta adesso, guardandomi con un‘aria davvero strana, come quando lotti con qualcosa che senti dentro ma non vuoi far vedere che stai lottando”.

Un padre che disapprova certi gusti, che magari può sperare in un malinteso e un bambino costretto a simulare una passione per il calcio, obbligato a difendersi da un mondo che impone un modo di essere. Ma Giovanni Lucchese ha attraversato il bambino di un tempo, ha rivisitato i luoghi che ha vissuto, ha abitato posti che la memoria vorrebbe cancellare. “Il bambino sbagliato” non esiste, ha scelto la chiave giusta e ha imparato a tenere alta la testa.

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