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Oceano figlio

Oceano figlio
Anna Maria Usai

“Nei giorni di tempesta, lo scorso inverno, il furore delle onde che s’infrangevano sulla scogliera mi rendeva inquieta, a volte timorosa. Ero appena arrivata e mi incuteva paura quella voce”.

L’Atlantico da sempre fonte di vita e di distruzione insieme alle coste irlandesi costituiscono il nuovo approdo di Arianna. Lascia il nord dell’Etiopia, quel groviglio di abiti e di corpi adagiati a terra per farsi strada tra i tulipani e i daffodils. A casa di John e Mary inizia a dipingere i cherry trees mentre il suo mondo interiore è una tela che contempla uno spazio bianco. Un figlio mai nato, perduto per sempre può rinascere tra le onde dell’oceano. Quelle onde potenti e sublimi, spietate e violente possono spazzare via il dolore che sente.

La scrittura, il testo biblico svela significati incomprensibili quanto irraggiungibili. Lo strazio si attenua solo quando qualcuno o qualcosa inavvertitamente ci sfiora, in quel momento esatto comprendiamo che è il momento di cambiare. Le ferite per guarire necessitano della giusta cura, attenzione quotidiana e costante. Arianna incontra Paul, ma nessuno può essere salvato dalle mani di un altro. Abbandonare tutto per scrutare mete straniere ci ricorda solo chi siamo. Il cuore non va mai troppo lontano.

Un sogno nel cassetto e una giovane vita da accudire traghetteranno Arianna nella giusta direzione. Anna Maria Usai ci regala una storia di maternità ritrovata. Oceano Figlio ha in sé una forza generatrice, una bellezza ancestrale quanto i promontori nudi dell’ Atlantico.

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