“In piedi, circondato da estranei, pensai che non avevo mai davvero
preso in considerazione l’ipotesi di andare via. Che avevo provato a
costruire delle cose, a farle crescere per crescerci sopra anch’io,
come se mi spuntassero da sotto i piedi, ma che era anche tanto
tempo, troppo, che tutto s’era bloccato. Provai orrore al pensiero
che forse mi ero seduto sul ciglio della strada ad aspettare che le
cose accadessero che qualcuno si fermasse a raccogliermi.”
Un ragazzo che a breve compirà trent’anni è alla ricerca del suo
posto nel mondo. Dopo anni trascorsi a lavorare sulle navi vuole
concedersi il lusso di sperare in qualcos’altro. Le sue giornate sono
scandite da rituali sempre uguali e una volta giunte al termine gli
ricordano quanto sia triste la sua condizione. Invia curriculum e
accetta colloqui di lavoro da associazioni no profit e aziende call
center. Delle volte pensa che sarebbe meglio morire. Per fortuna si
accompagna all’amico Russo anch’egli disoccupato e appassionato
di modellismo. Amoresano e Russo vagano tra i vicoli di Napoli
confondendosi tra la moltitudine che li circonda. Una sera come le
altre Amoresano percorrendo via Monteoliveto si imbatte in una
ragazza e decide di seguirla. Così inebriato d’amore per Nina, si
dedica alla scrittura e realizza dei racconti brevi che verranno
consegnati a Raffaele La Capria. Lo scrittore lo convoca presso la
sua abitazione e lo esorta affinché pubblichi quello che ha
scritto. Ma l’imprevedibilità è una costante nei percorsi di ognuno di
noi. Nina si allontana, le finanze sono ridotte all’osso e la carriera da
scrittore non sembra sedurlo abbastanza. Ubriaco e sfinito si
consegnerà alle onde del mare e il pensiero andrà ai pochi spiccioli
lasciati sul conto. Forse da buon napoletano aveva sperato nel
potere di un miracolo non troppo lontano. Ma come diceva Troisi “
non esiste un miracolo facile e un miracolo difficile” e forse il vero
prodigio è quando accettiamo di affidarci a noi stessi.
