Quand’ecco che lui, scombinando la notte, la paura che ho delle sue rabbie, la sua stessa tonalità, scaglia contro mia madre una parola misteriosa: vanesia.
Starnone riporta un diverbio avvenuto tra le mura domestiche. Il padre accusa la madre di un compiacimento eccessivo e di una frivolezza ribadita più volte con l’utilizzo di quella sola parola. A distanza di anni ricorda quel fatto e comprende che le vicende familiari sono il campo ideale per i futuri scrittori.
I libri che leggiamo assumono un significato diverso in base alle fasi della nostra esistenza.L’adolescenza, la giovinezza e la maturità ci consentono di captare sfumature diverse. Le ultime lettere di Jacopo Ortis difficilmente scaturiranno particolari divagazioni in epoca adolescenziale.Tutto al suo tempo insomma. Come ci fa notare Domenico Starnone l’essenziale sta nell’intento.
Solo alcuni libri come Cuore evidenziano a chiare lettere il messaggio del potenziale fruitore ovvero: altruismo, pietà, amore per la patria, tanto da renderlo inevitabilmente anacronistico. Lo scrittore propone altre opere lette e rilette durante il corso degli anni. Ad esempio, ci dice che Hemingway e Carver non avvertissero la necessità di concedersi un finale univoco, nel senso che potevano esserci tante interpretazioni quante nessuna.Si sofferma sulle tecniche utilizzate dagli scrittori e di come ognuno di loro abbia trovato la propria voce. C’è chi la riconosce solo intorno ai quarant’anni, come Luigi Meneghello che sposerà un linguaggio nuovo per spogliarsi da quella cultura fascista che l’aveva oppresso e limitato.
É fondamentale trovare l’unicità grazie agli scrittori che abbiamo amato, imparando ad attingere quello che occorre da talenti differenti.Scrivere come mestiere consiste nel rendere credibile ciò che si dice senza farlo notare. Allora confessa Domenico Starnone quello che conta è sapere di aver scritto senza interpretare ossessivamente ciò che già è emerso in superficie.