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Le lupe di Pompei
Elodie Harper

Si dice che la donna abbia avuto origine dalla costola di
Adamo. Dunque già dal principio veniva indotta a riconoscere una
certa sudditanza. Senza l’uomo non avrebbe avuto altro modo di
esistere. Siamo nel 74 D.C a Pompei e la donna per quanto possa
essere lodata per bellezza e qualità è considerata solo merce di
scambio. L’estrazione sociale non è garanzia di salvezza, anzi i
crediti non estinti si saldano con la vendita di fanciulle. Esposte al
pubblico al pari del bestiame vengono comprate come ancelle o
prostitute. Amara di Afidna era figlia di un medico e la morte del
padre coincise con la sua condanna. Didone, cartaginese dalla
bellezza eterea viene rapita e venduta al lupanare. Le altre
compagne di sventura non hanno avuto scelta e ogni giorno
potrebbe essere l’ultimo. Il padrone Felicio, proprietario del
postribolo e astuto strozzino vende i loro corpi fino a tarda notte,
annientandole senza nessuna pietà. Solo Amara troverà il canale
giusto per acquisire lo status di “liberta”. Dopo aver adescato tanti
clienti riesce ad ammaliare il giovane Rufo. Nonostante ami lo
schiavo Menandro, non può rinunciare a sperare in un futuro di
redenzione. Dopo aver assistito al suicidio dell’amica Cressa e alla
morte di Didone, sente affievolire lo spirito combattivo che fino ad
allora l’aveva contraddistinta. Verrà liberata dopo i Saturnalia,
incredula e amareggiata per il futuro delle compagne ancora
schiave.

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