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Salvatore Toscano

Gli stupidi e i furfanti
Salvatore Toscano

C’è quel pezzo un po’ comico un po’ avvilente, doloroso e paradossale, di Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij che per pura coincidenza prende di mira con ferocia proprio i nostri quarant’anni:

 «Ho quarant’anni, e quarant’anni sono una vita intera; sono la più fonda vecchiaia. Vivere oltre i quarant’anni è indecoroso, volgare, immorale. Chi vive oltre i quarant’anni? Rispondetemi sinceramente, onestamente. Ve lo dico io, chi vive: gli stupidi e i furfanti».

Salvatore sta per compiere l’età che aveva suo padre quando è morto. Le loro età stanno per combaciare, da figlio sente il dovere di rievocare un pezzo d’infanzia che altrimenti andrebbe perduto. I buchi bianchi ci saranno sempre, le zone d’ombra costelleranno le nostre vite e allora vale la pena scavare nel cassetto della memoria e riacciuffare quello che resta. Un padre che va via troppo presto, che scompare prematuramente, arreca un dolore che non si può quantificare, è un’assenza insostenibile. Con un tacito accordo, sposando la logica dell’evitamento scegliamo di non pronunciare più quel nome; chi è andato via diventa tramite i meccanismi di difesa: “l’innominabile”.

Salvatore Toscano sa bene che la memoria inganna, quello che evochiamo non combacia esattamente con quello che è accaduto, è solo la nostra versione dei fatti. Attraverso questo diario d’amore l’affetto ingiustamente sottratto verrà restituito. Forse in questo viaggio a ritroso incrocerà per l’ultima volta lo sguardo del padre e solo allora potrà davvero sentirsi al sicuro.

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