L’Antigone dall’anima di luce, creatura dagli occhi di viola, spirito celeste idealizzato da secoli e attualizzato secondo le più varie congetture potrà mai essere sottoposto a una rilettura controcorrente? Sì, il mito di Sofocle, la figura di Antigone va reinterpretata nonostante possa sembrare una scelta impopolare.
Eva Cantarella giurista, sociologa ed esperta in storia antica ci mette in guardia: l’Antigone che abbiamo imparato a conoscere è egoista, incapace di amare il prossimo, detentrice di una cultura della morte. Creonte, seppur rappresenti la legge, sperimenta il dubbio, ma Antigone no; accecata dal suo unico obiettivo viola la legge, ignora l’amato, elude i consigli della sorella Ismene, la morte diventa guadagno e prendendo in considerazione le motivazioni della sorella dichiara: “non ti chiederò di farlo; e pure se tu volessi ancora farlo, non gradirei che tu agissi insieme con me”.
Antigone si dimostra imperturbabile, avrebbe potuto rinunciare a un marito, a un figlio ma un fratello non tornerà più sulla terra:
“Infatti mai, né fossi divenuta madre di figli, né se fosse stato il cadavere di mio marito a corrompersi…morto il marito ne avrei avuto un altro; e da un altro uomo avrei avuto un figlio, se quello mi fosse mancato: ma ora che mia madre e mio padre sono in fondo all’Ade, non mi è mai più possibile che mi nasca un fratello”.
Creonte, il cattivo per antonomasia, si arrende alla ragione e prende atto del suo tragico fallimento. Antigone persevera e vuole dare una degna sepoltura a Polinice perseguendo il suo unico obiettivo: giacere in eterno con i suoi cari. In una disputa tra sfera pubblica e privata il mito conferma di avere una funzione educativa. La tragedia di Sofocle funziona perché ha in sé la distanza tragica; collocandosi fuori dal tempo sarà sempre presente quanto attuale.
Eva Cantarella delinea un profilo di una donna sempre uguale, monocorde e incapace di concepire una realtà diversa dalla propria.
