Dal cemento può nascere un fiore come dalla morte e dall’oblio può schiudersi una nuova vita. Maria Grazia Calandrone ricostruisce gradualmente il percorso della mamma Lucia, restituendole quei meriti sottratti da una società abietta.Una ragazza di ventidue anni lascia la casa d’origine per essere accolta in una dimora fredda e ostile. Il marito che hanno scelto per lei è violento, brutale e privo di buon senso. La famiglia acquisita vuole depauperare la sua anima, obbligandola a svolgere mansioni di ogni genere. Lucia ha solo la seconda elementare ma è una donna arguta e comprende benissimo le ingiustizie che le vengono inflitte. L’amore per Tonino l’avrebbe salvata invece il volere paterno la vuole infelice e sottomessa.
Trascorrono quattro anni di matrimonio senza dare alla luce nessun figlio. Questo è un segno del destino che verrà considerato solo al culmine di una storia troppo dolorosa da accettare. Lucia conosce Giuseppe grazie ai lavori di ristrutturazione nella casa coniugale. I due si innamorano, ed essendo entrambi sposati sono perseguibili dalla legge. Si trasferiscono a Milano in viale Monza, potrebbero sentirsi al sicuro ed invece la situazione precipita. Nasce Mariagrazia e viene registrata come figlia illegittima, infatti il suo nome comparirà nei registri del Brefotrofio di Milano. Lucia non si arrende e cresce la figlia in un ambiente sereno scongiurando i fantasmi del passato. Giuseppe non riesce a trovare lavoro, così abbandonati da tutti attuano il loro piano.
Arriveranno a Roma il 24 Giugno 1965, dove si spoglieranno dei pochi averi e degli oggetti della piccola di otto mesi. La adageranno su un prato all’entrata di Villa Borghese per compiere l’atto finale. Verranno ritrovati nel Tevere, e solo la lettera spedita all’Unità chiarirà il loro gesto e l’identità della bambina. “ Dove non mi hai portata” è un inno alla vita, una luce che illumina le tenebre, è la speranza di chi va via offrendo al mondo una rinascita.
