«Io mi sono preso cura delle mie parole, fin da bambino. Lì, per un istinto che qui sarebbe troppo lungo indagare, sapevo che avrei trovato la mia salute».
Le parole sono di tutti, eppure da sempre vengono mal scritte, mal pronunciate, mal conosciute. Nicola Gardini restituisce un valore nuovo alle parole.
Nel saggio Io sono salute ci invita a riconsiderare la malattia e la salute da un punto di vista poetico e linguistico. Scoprirsi malato non vuol dire rinunciare alla salute. Il nostro benessere va preservato e nonostante tutto anche il corpo più martoriato può aspirare a vivere.
La malattia svela una nuova dimensione. La nuova dimensione contempla la parola e la parola diviene letteratura. Basti pensare al ruolo dei testimoni, alla letteratura dell’AIDS che ha saputo indagare sulle conseguenze sociali e culturali dell’infezione. Il contagio si insinua, trova un varco tra le crepe del nostro corpo fino a quando non inciampiamo increduli in una realtà cieca e insostenibile. Ma l’infezione può essere inflitta anche tramite l’amore, tanto che nell’Iliade diventa contagio: pestis devota futurae. La malattia deve trovare nuove interpretazioni, l’unicità la particolarità deve riguardare ogni singolo individuo.
La cura dell’altro può fare la differenza proprio come affermava Seneca:
«Molto mi aiutarono a trovare una salute anche gli amici».
La partecipazione diviene antidoto per contrastare l’attesa e la paura della morte.